Mi domando spesso perché, dal punto di vista comunicativo, in manifestazioni locali, feste comunali, o anche come nome per società che hanno un mercato prevalentemente italiano se non regionale, venga utilizzata la lingua inglese: se non si ha la necessità di comunicare ad un referente anglofono o internazionale, per quale motivo, ad esempio, un’azienda che spesso sottolinea in tutti i modi la propria storicità e tradizione italiana, dovrebbe avere un marchio in inglese, semplicemente perché è “trendy” e fa figo? Intanto una premessa che fa riferimento al termine che definisce questa tendenza:

“Forse un po’ provocatoriamente, parto dalla segnalazione di un paradosso: se si deplorano i tanti anglicismi che invadono il nostro italiano sarebbe meglio parlare di anglismi, dato che anglicismo ricalca pari pari la forma dell’inglese anglicism ed è dunque un anglismo esso stesso, per quanto di più antica data e più diffuso rispetto ad anglismo. Tra l’altro anglicismo ha una sillaba in più, e una volta tanto il calco dell’inglese anglicism è meno economico della parola italiana anglismo. Ed è divertente che Google, che ormai permette di leggere anche fatti linguistici documentando, per esempio, la diffusione in rete di parole o espressioni, se scrivo anglismo mi dice che forse cercavo anglicismo (di cui anglismo è sinonimo, come qualunque dizionario recita), ma poi mi rimanda a un articolo di Tullio De Mauro dove si parla proprio di anglismi fin dal titolo. Comunque, letto quest’articolo, come ha sottolineato anche Nicola Grandi, sembra che sia stato già detto tutto a proposito di quell’itanglese su cui tanto si discute.” Cristina Lavinio – Dialoghi Mediterranei, Periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo.

http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/anglismi-tra-uso-e-abuso-esibizione-e-maleducazione-linguistica/

Vengo quindi al nocciolo della questione: in effetti la necessità di utilizzare termini inglesi completamente “fuori luogo” non c’è, ma evidenzia un cambiamento culturale in atto ormai da anni, che sta portando sempre di più l’italiano corrente, comunemente usato, ad infarcirsi di termini inglesi o neologismi che hanno una radice anglofona. Per approfondire questo argomento, consiglio un interessantissimo libro di Antonio Zoppetti, pubblicato nel 2017 (con bella introduzione della grande Annamaria Testa): “Diciamolo in italiano. Gli abusi dell’inglese nel lessico dell’Italia e incolla.” La prefazione è già invitante!

“Nell’era del web e di internet, le parole inglesi si insinuano sempre più nella nostra lingua senza adattamenti e senza alternative. Spesso rendono gli equivalenti italiani obsoleti e inutilizzabili, cambiando e stravolgendo il nostro parlare in ogni settore. La politica è infarcita di tax, jobs act, spending review e di inutili anglicismi che penetrano persino nel linguaggio istituzionale (welfare, privacy, premier) e giuridico (mobbing, stalking) amplificati dai mezzi di comunicazione. Il mondo del lavoro è ormai fatto solo di promoter, sales manager e buyer, quello della formazione di master e di tutor, e tutti i giorni dobbiamo fare i conti con il customer care, gli help center o le limited edition delle offerte promozionali. Il risultato è che mancano le parole per dirlo in italiano. Questo saggio, divulgativo ma al tempo stesso rigoroso, fa per la prima volta il punto su quanto è accaduto negli ultimi 30 anni: numeri alla mano, gli anglicismi sono più che raddoppiati, la loro frequenza d’uso è aumentata e stanno penetrando profondamente nel linguaggio comune. Il rischio di parlare l’itanglese è sempre più concreto, soprattutto perché, stando ai principali dizionari, dal 2000 in poi i neologismi sono per quasi la metà inglesi. Finita l’epoca del purismo, la nuova prospettiva è il rapporto tra locale e globale: dobbiamo evitare che l’italiano si contamini e diventi un dialetto d’Europa, dobbiamo difendere il nostro patrimonio linguistico esattamente come proteggiamo l’eccellenza della nostra gastronomia e degli altri prodotti culturali.”

https://www.piuossigeno.it/

blog piùossigeno

Pin It on Pinterest

Share This
× Due chiacchiere?